Obama ha vinto, e si è confermato presidente USA per i prossimi quattro anni, ed è una festa per tutti coloro che come me condividono le sue idee, indipendentemente dalla nazione di appartenenza.
Obama ha vinto, ed è la vittoria di una nazione, non di un partito. A guardare i festeggiamenti e la gente che ballava a Chicago nel quartier generale del presidente , dove poi Obama ha tenuto in discorso di ringraziamento, la prima cosa che saltava agli occhi era che ovunque sventolavano bandiere nazionali, non di partito o di movimento. E non è che in USA non esistano i partiti, o le bandiere dei partiti. E’ che per gli americani, rossi o blu che siano, come ha detto anche Obama stesso, nel momento della vittoria come della sconfitta, ciò che conta è la nazione, non lo schieramento.
Proviamo invece a pensare a cosa sventola di solito dopo le vittorie dei NOSTRI politici, o dei NOSTRI partiti, e facciamoci tutti quanti un bell’esame di coscienza, e cerchiamo di imparare qualcosa da un popolo che, pur con tutta la sua mania per la spettacolarizzazione e con quell’eccesso di retorica che a noi sembra un po’ ridicola (ma che dovrebbe farci riflettere sull’entusiasmo e l’ottimismo LORO contrapposto alla disillusione e al cinismo NOSTRO), è comunque cento volte più unito e compatto di noi italiani quando si arriva a momenti decisivi come questi, e mostra di avere un senso della nazione che trascende la regione, lo stato, il partito o il movimento a cui si appartiene.
FOUR MORE YEARS!
FOUR MORE YEARS!
FOUR MORE YEARS!
FOUR MORE YEARS!
Beh, beh, beh. Lo schieramento conta pure là, tant’è che molti repubblicani avevano minacciato di espatriare in caso di vittoria di Obama (nessuno lo farà: saranno solo i loro soldi ad trovare una nuova casa all’estero).
Per l’americano, la bandiera fa parte dell’armamentario ideologico-religioso che circonda tutta l’enfasi nazionalistica della nazione. Mentre in Italia esporre la bandiera ti categorizza immediamente come fascistoide, in USA la bandiera *deve* essere esposta pena l’additamento come non patriotico, non americano. Che poi sia solo un fatto di facciata, è un altro discorso.
Ovvio, che esistono gli schieramenti, e ovvio che da loro NON esporre la bandiera nazionale è spesso indice dell’esser non patriottico. Basta girare per la quinta strada di NY per capire che loro esagerano, che caricano eccessivamente la cosa.
Volevo solo sottolineare che se loro nella loro naivete e nella loro retorica a volte eccedono nel troppo, noi proprio non la esponiamo mai, se non nelle partite di calcio, che è pure peggio, secondo me.
C’è poi un’altra cosa che ho notato: quelli che sventolavano le bandierine (almeno nell’arena democratica) erano solo quelli che stavano dietro al palco. La folla che stava ai piedi del palco non veniva inquadrata che raramente. Le immagini erano sempre per quelli lassù. Mi sorge il dubbio che fossero dei figuranti (volontari, per carità) messi lì per tenere alto il morale della lunga e snervante attesa. Chissà se potevano andare in bagno 😉
Probabilmente no, è un po’ come la regola dei filibustieri nel parlamento americano: non si ci può sedere, non si può andare in bagno, non si può bere … 😀
Comunque per riprendere il tuo commento precedente, hai detto giusto, chi sventola il tricolore viene ritenuto (a torto) fascistoide, per il vizio italiano che la bandiera appartiene ai Savoia e al fascio, idea che si è radicata anche e soprattutto con l’aiuto (al solito suicida ed involontario) di “quegli altri”, che fino all’altro ieri sventolavano bandiere di ben altri colori, anche in caso di vittoria.
IMHO, se ci fosse stato un po’ più di spirito nazionalista anche da parte loro (che già latita di suo nell’italiano medio), magari avrebbero aiutato a svilupparlo un pochetto di più anche ne resto della gente.