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Una delle  main attraction della visita a Londra di quest’anno è stato senza dubbio il doppio spettacolo di Frankenstein, la piece teatrale messa in scena l’anno scorso al National Theater Live e ripresa quest’anno in un Encore Screenings in cinema sparsi in mezza Europa (prossimamente pare anche in Italia) e , ovviamente,  a Londra,  dove noi abbiamo avuto il piacere di assistervi essendo  là per puro caso nei giorni in cui era in programmazione

Sgomberiamo il campo dai dubbi: IL motivo per cui abbiamo assistito al doppio spettacolo non erano certo Johnny Lee Miller, Danny Boyle o il mito di Frankenstein e la sua creatura,  ma il fatto di poter vedere per quattro ore e mezza su schermo gigante,  anche se  non dal vivo e per metà tempo col volto e il corpo devastato da cicatrici,  il nostro amatissimo Sherlock,  alias Benedict Cumberbatch !
Esattamente come l’anno scorso ci siamo precipitati a vedere Much Ado About Nothing interpretato dagli unici ed inimitabil Doctor & Donna, alias David Tennant e Catherine Tate.

Il fatto che poi in entrambi i casi ci sia capitato ANCHE di vedere due stupendi spettacoli, splendidamente messi in scena e recitati, oltre che esser puramente accidentale, la dice lunga sulla qualità delle produzioni british e sulla preparazione artistica e recitativa delle persone coinvolte, che non sono affatto degli “attori-da-piccolo.-schermo” nell’accezione dispregiativa a cui ci ha spesso abituato il nostro Paese, ma attori completi in grado di passare dalle tavole del teatro allo schermo televisivo o cinematografico, e soprattutto senza considerare nessuno dei “mezzi” inferiore agli altri.

Chiusa la lunga premessa e la piccola polemica, veniamo al dunque, ovvero al commento sulla rappresentazione:  moderno ed immaginifico nella messa in scena, il mito di Frankenstein, nato dalla penna di Mary Shelley e adattato da Nick Dear e diretto da Danny Boyle,  regista inglese  famoso per titoli come Trainspotting e 28 giorni dopo, ha la peculiarità più evidente nel fatto che i due attori che interpretano i ruolo della Creatura e di Victor Frankenstein, ovvero i già citati Cumberbatch e Miller, sera dopo sera si scambiano di ruolo.

Così gli spettacoli diventano non una ripetizione pura e semplice, bensì due distinte versioni dello stesso dramma, due punti di vista apparentemente uguali ma sottilmente diversi, così da comporre un ideale mosaico della personalità dello Scienziato e della sua Creatura.

Centro di tutto il dramma e punto di vista della narrazione è la Creatura, che nella prima mezz’ora vediamo da sola in scena, dalla nascita alla scoperta del proprio corpo, fino alle prime esperienze con il mondo esterno; partorito come essere vivente dal ventre stesso della Natura, e non, come tradizione cinematografica vuole, freddo corpo animato dalla scintilla dell’elettricità, figlio della tecnologia e della scienza.

Creatura unica e perciò diversa per volontà stessa del suo creatore,  mostruosa nell’aspetto esteriore, ripudiata dal mondo e dai suo “simili” umani, imparerà da loro il tradimento, la vendetta e l’odio, essendogli mancato da  principio l’amore di colui che lo ha creato.

Un Creatore, rappresentato dal dottor Victor Frankenstein, che messo di fronte alla disperata (e più che giustificata) richiesta della Creatura di avere una compagna, rifiuta ancora una volta la responsabilità di ciò che per puro orgoglio ha creato, negandogli per l’ennesima volta l’amore, e pagandone le tragiche conseguenze con la morte della sua promessa sposa,  Elizabeth,  per mano della Creatura.

Una brillante rappresentazione, in cui non mancano i momenti di commozione e di divertimento, una riflessione su ciò che significa essere vivi, ed esser umani, sulle responsabilità della procreazione, e sui limiti della scienza e dell’intelligenza, che sola non definisce l’essere umano, e anzi rischia di condurlo a tragici errori come le più ottuse dottrine.

E senza voler sembrare troppo di parte, malgrado le premesse,  l’interpretazione di Cumberbatch sia nelle vesti della creatura che in quelle di Victor von Frankenstein ci è sembrata più convincente di quella del pur bravo Miller: anche se entrambi offrono riuscite interpretazioni dei due personaggi, quella di Cumberbatch appare più viva, più sofferta, più carica di passione in entrambi i ruoli, particolarmente in quello della Creatura, maschera sotto la quale l’attore offre il meglio di sè seppur penalizzato dal trucco e dalle difficoltà espressive del personaggio.

Applausi :

PS: Commento professionale di mia moglie a Frankenstein: ma quanto è BELLO Benedict Cumberbatch ?!?!?

(to be continued)